Le Montagne dell’Abruzzo

L’Abruzzo è quella regione dove puoi sciare mentre guardi il mare.

Proprio così, ci sono altri posti in Italia che possono vantare dei privilegi così straordinari, e se sei capitato qui è perché sei interessato a un viaggio nelle montagne abruzzesi, per sciare o goderti una passeggiata in uno dei tanti sentieri che si snodano lungo le vette appenniniche.

Lasciati incantare dalla maestosità delle montagne dell’Abruzzo: stiamo parlando di massicci montuosi quali quello del Gran Sasso d’Italia, una delle montagne che custodisce più natura e storia d’Italia, famosa per la bellezza dei suoi ambienti. Oppure delle altre eccellenze per la flora e la fauna italiana, come i Monti della Laga o il massiccio del Velino-Sirente, o ancora le montagne dell’Abruzzo meridionale, i Monti Carseolani,e  per finire tutte le colline e gli altipiani formati dallo scorrere dei tantissimi fiumi che generano questo territori unico nel suo genere, e di grande impatto visivo per il visitatore.

Anche qui possiamo delineare, sempre ricorrendo a una semplificazione forse riduttiva per la complessità dei luoghi, almeno due tipi diversi di Abruzzo per quanto riguarda il profilo montuoso della regione: un Abruzzo di montagna dalle vette elevate e dall’aspetto aspro e duro, formato da altrettante montagne, altipiani carsificati e ampie conche scavate dalla forza impetuosa dei fiumi; dall’altro lato invece un Abruzzo più dolce, fatto di colline che scendono con delicatezza verso il mare, formando un territorio dall’aspetto variegato e lontano dalla durezza di quello prettamente montano, e quindi molto abitabile.

Le montagne al Nord e al Centro

La montagna dell’ Appennino abruzzese è composta soprattutto da formazioni calcareo – dolomitico. I rilievi sono compatti maestosi con assoluta predominanza dei calcari

Le forme fondamentali della montagna dell’ Appennino abruzzese sono due: creste appuntite su pareti verticali, aspre e dirupate al contrario di forme massicce e copuleggianti con superfici spoglie e sassose.

All’ estremità nord-occidentale i Monti della Laga presentano stratificazioni marnoso-arenacee oltre i 200m. I massicci dell’ Appennino abruzzese da nord-ovest a sud-est continuano con andamento convesso verso l’interno.

Il passo delle Capannelle (m. 1238) tra la conca aquilana e l’alto Vomano separa i Monti della Laga dal Gran Sasso d’Italia che estende le masse calcaree per 40 km. Fino a campo Imperatore. Il Corno Grande (m. 2912) è la cima più alta ma ci sono molte altre cime al di sopra dei 2000 m: Corno Piccolo, Monte Camicia ecc.

Il massiccio del Gran Sasso d’Italia è il tetto della Penisola (Appennino). La parte settentrionale è la più imponente con Monte Corvo (2623 m.), Pizzo Intermezoli (2.635 m.), Monte Prena (2.561 m.), Monte Camicia (2.564 m.). La parte meridionale è più uniforme e raggiunge la massima altezza con Pizzo Cefalone (2.533 m.), tra Pizzo di Camarda (2.232 m.) e Monte Portella (2.385 m).

La parte meridiana è attraversata da una barra che unisce il Monte Portella con il Monte Aquilano (2.495 m), il Corno Grande (2.912 m) con il Corno Piccolo (2.655 m.) e divide il gruppo in due sezioni morfologicamente ben distinte. La sezione occidentale a causa di un certo numero di sbarre è ripartita in conche isolate. Queste conche quasi inaccessibili dalla catena meridionale, sono aperte verso il bacino del Vomano.

La conca più orientale, regione Solagne, ha un’apertura di origine strutturale. La regione Venacquaro e il campo Pericoli secondo Marinelli e Ortolani inizialmente dovevano essere bacini chiusi. Presentano rocce arrotondate glaciali e depositi morenici.
La line che unisce la Valle del Mavone con quella del Raiale è squarciata dai tre Valloni, intaglio che permette di raggiungere la Sella di Patroriscio (2130 m.) nota per l’albergo e la funivia di Assergi.

Nel settore meridionale del Gran Sasso il paesaggio perde gran parte dell’ asprezza presentando rilievi a gobbe e superfici tabulari. A nord le masse che finiscono sulle cime più alte del Prena e del Camicia non sono imponenti come sul versante opposto, ma presentano calcari farinosi ricoperti da materiali sia di depositi lacustri sia di avanzi morenici, sia di detriti dovuti alla continua erosione dei fianchi da parte delle acque alluvionati.

Sono limitati i fenomeni carsici che si rivelano soprattutto nelle regioni “Ricotta”, “Papa Morto” e Malepasso e sull’ Altopiano che degrada verso Campo Imperatore e verso Castel del Monte. Fra i piani carsici caratteristici sono i piano San MArco che l’Ortolani definisce un’ antica valle con deflusso verso la conca di Capestrano, piano di Calascio detto anche “il Lago” e piano del Taglio di forma alquanto triangolare e di ampiezza limitata. All’ interno ci sono molti bacini chiusi ù: i piani di Fugno, Locce, Passanete, Vale ombrica, Fossa Paganica.
A settentrione il Gran Sasso prosegue su una sola catena. All’ inizio, a circa 1360 m di altezza c’è il Piano Moltigno, conca chiusa con numerose doline con spacchi d’acqua delle quali la più grande è occupata dal LAgo Sfondo. La montagna cambia aspetto : la massima altitudine è raggiunta nel monte Cappucciata (1801 m.) mentre fino al Monte Roccatagliata (995 m.) l’unico valico è Forca di Penne (918 m.). Il carsismo del Gran Sasso è ancora allo stadio giovanile. Ad Est ci sono bacini chiusi, ad Ovest aperti. Non ci sono residui di terra rossa e manca il carsismo ipogeo. L’ unica cavità sotterranea che si conosce è la grotta A MAle (Amarone) scoperta ed esplorata nel 1573 da Francesco De MArchi ingegnere bolognese che per primo salì sulla Vetta del Corno grande.

La grotta si trova a circa 3 Km da Assergi.
La principale originalità del Gran Sasso è che contiene il ghiacciaio del Calderone , unico ghiacciaio perenne della nostra penisola. Il ghiacciaio si allungava per quasi 400 m. (2867 m. / 2680 m. nel 1976) ed occupa il fondo e il pendio di un circo alla base del Corno Grande. Numerose sono le tracce di glacialismo quaternario. Grandi sono i circhi glaciali sui versanti delle due catene esposti a Nord: nella catena settentrionale del Monte Corvo al Monte Prena in quella meridionale dal Monte San Franco al Monte Gregorio di Paganica.

Le montagne a Sud

Dalla parte orientale di Campo Imperatore il massiccio procede fino alle gole di Popoli per arrivare a sud-est con la Montagna del Monte Morrone (m. 2061). Il rilievo penetra nella parte occidentale della Majella a e scende a Guado San Leonardo per risalire fino a Monte Amaro (m. 2793) il più grande massiccio della Maiella seconda in Italia peninsulare.

Il fianco sud orientale della Maiella scende sulla Valle dell’ Aventino fino al Monte Secine (1883 m.) ultima appendice dell’ Arco Abruzzese esterno.
L’arco abruzzese interno, invece si trova l’ Aterno e il Salto-Liri.
A nord inizia con il monte Nuria (1888 m.) separato dal gruppo del Terminillo dalla Valle del Velino e supera i 2000 m. con i massicci del Monte Velino e del Monte Sirente.

La serie più interna dei rilievi è dominata dal gruppo dei Monti Simbruini e dei Monti Ernici.
Le Montagne dell’ Abruzzo meridionale rappresentano i rilievi subappenninici.
I rilievi sono compatti; la compattezza è interrotta solo dal solco Liri oltre il quale c’è un’aspra catena che prosegue fino ai monti del Parco Nazionale d’Abruzzo e al gruppo della Meta.

I Fiume e torrenti Trigno-Biferno e Fortore scavano nelle rocce profonde e ampie Valli trasversali.
La zona al altopiano che domina il Sangro culmina nel Monte “Il Campo (m. 1745)” a nordest di Capracotta e nel Monte Capraio.
Un’ altra superficie elevata è quella della Montagnola (m. 1428) fra gli opposti bacini del Trigno e del Volturno.

Il massiccio della Majella è, dopo il Gran Sasso d’Italia, il gruppo più elevato dell’ Appennino compreso fra la Valle dell’ Aventino, la fossa di Caramanico Terme e le alture del Subappennino Frentano. La Majella si presenta come un’enorme gobba anticlinale quasi inaccessibile.

A nord la cresta principale si mantiene compatta fino alla Maielletta (1995 m.). A Sud la montagna della Majella si allunga in una doppia dorsale con il “Vallone di Femmina Morta” e degrada con la Tavola Rotonda (2403 m.) fino a Guado di Coccia (1652 m.).

La Majella per la maggior parte del suo territorio è formata da terreni terziari. I geologi Bally e Demongeot hanno parlato di superficie costituita da gradini ciclici incastrati l’uno nell’ altro.

La regione centrale compresa tra il Monte Amaro e la Maielletta dove si nota una morfologia più evoluta.Dalle cime grigie per le aride praterie si arriva attraverso pendii rapidi e scarni ai fianchi rotti dai canjons profondi a volte migliaia di metri. L’ Ortolani, contrapponendo il Gran Sasso e la Majella , parla del fondo erboso di Campo Imperatore (Gran Sasso) contrapposto allo sfaciume di breccia che riempie ed ingombra Feemina Morta (Vallone della Majella). Il paesaggio selvaggio e affascinante domina le grandiosi pareti verticali quali “Vallone del Santo Spirito” che arriverà presso Fara San Martino e il “Vallone di Pennapiedimonte” e la “Macchia di Caramanico”.

Il versante meridionale tra il Monte Amaro e il Monte Porrara è solcato da Valli asciutte e bucato da doline e inghiottitoi. Nel versante settentrionale il carsismo è a uno stadio poco avanzato, tuttavia tra il Monte Amaro e i Tre Portoni si notano numerose piccole doline.

Il versante più carsificato è quello meridionale e l’esempio tipico è la Valle di Femmina Morta. Il fondo di questa Valle è una larga dolina con il fondo pieno di piccole doline e inghiottitoi. Su questo versante si trovano numerose grotte: la più celebre e la più esplorata e la “Grotta del Cavallone” o anche “della Figlia di Iorio”, perchè Gabriele D’Annunzio vi ambientò parte del suo dramma. E’ formata da un corridoio spazioso di circa 1360 m., ed ha alcune ampie sale con talagmiti.

Speciale interesse ha “la Galleria della Devastazione” che presenta fessure e stalagmiti. Altre grotte si trovano nel Vallone di Taranta: la Grotta Nera (1630 m.) sulla Montagna d’Ugno, sopra Piedimonte, e la “Grotta Cavosa” (2604 m.).

La glaciazione è molto attenuata grazie alla vicinanza del Mar Adriatico e a masse d’aria anticicloniche. La Majella è divisa dalla Montagna del Morrone (2061 m.) dal Guado si San Leonardo (1282 m.). Il Monte Morrone morfologicamente richiama l’aspetto della Majella pur essendo la continuazione del Gran Sasso.